pubblicazioni

In breria tradizionale e on-line

Prologo

Qualche volta non esiste un perché, la vita ha un'energia che ti sorprende, è magnifica, un'avventura da ricordare e raccontare, sì, proprio come fanno i vecchi e rugosi saggi con i nipotini. È la nascita di un'anima innocente che con le ali della libertà cerca il suo destino tra le vie delle vite. Ma per essere onesti bisogna anche dire che qualche altra volta invece ti delude e nel tuo cammino scende il buio; con il senno di poi, purtroppo o per fortuna, c'è sempre un'altra volta. Più o meno a tutti, presto o tardi, la vita si rompe e sarà velocemente dimenticata, come il pezzo mancante del puzzle che finisce senza fine. L'ho capito solo adesso ma ho deciso che in ogni caso preferisco viverla, assaporarne il midollo e dimenticare quello che non serve. Perché no? L'impressione non è un'argomentazione e neanche una forzatura ma è ciò che sembra. Anche le impressioni che sfuggono ai più hanno il loro valore, non si può sottovalutare la forza del sentimento primordiale perché solo questo è l'accesso alla vera filosofia della vita. Come una pietra incisa, le impressioni sono delle grandi e naturali letture, sono diverse e di libera interpretazione. Sono fenomeni imposti dal caso e dal cambiamento. Ho imparato dall'apparenza dei giorni scuri che è giusto cambiare, l'ipocrisia della coerenza non serve all'uomo. A me non serve! Affido il mio sapere alla parola e il sapore alla vista. Guardo le persone e vedo periodicamente controfigure di protagonisti inesistenti: sono portabiti in prestito che vagano tra la folla, guardo l'impressione scolpita sul diploma di chi pensava di cavalcare il mondo e chi credeva di campare con il solo sudore della fronte, guardo in cerca di risposte; quando un giorno per caso mi si è presentato un piccolo spirito. Trovo quello che non cerco. La prima parte della mia vita è stata piena di esperienze quanto meno colorite ma è stata anche firmata dall'inconoscibile nulla del silenzio, l'inconsistenza dell'aria. Non si tocca e non si prende come la materia che non c'è, sono stato troppo razionale per ammettere che si può scindere l'aria dalla terra. Ma che altro dire, a questo punto è giunto il momento delle presentazioni. Sono Elia, da qualche anno pratico la professione di psicologo nel paese che mi ha voluto dare alla luce, un piccolo borgo dell'Emilia. Trovo che ascoltare le storie delle persone sia un qualcosa di fenomenale, prima perché si fidano e secondo perché mi raccontano dei loro problemi, dei successi, delle invidie e delle ansie. Di tutto e di più. Non tutti i giorni sono uguali e anche se non dovrei, di tanto in tanto quando si confidano, be', non posso negarlo, mi assopisco con i loro racconti, la mia mente viaggia e rivive il passato per poi fantasticare storie alla ricerca di avventure mai avvenute, è come se la stanza delle sedute prendesse vita e facesse tesoro dei racconti. Immagino di viverli insieme a loro ed ecco che il tappeto persiano non è più un tappeto ma un prato verde, i muri diventano montagne e la porta l'ingresso della grotta di un gigantesco Yeti dal futuro. Li amo! Li voglio chiamare racconti di vita. Una volta una ragazza mi ha descritto la sua ossessione per gli addobbi natalizi, in particole quelli sugli alberi. Non è di certo un argomento da Nobel di Rubbia ma quando ci ripenso un sorriso non me lo nega nessuno. C'è chi li mette in orizzontale e chi in verticale diceva. Anche questa è una scelta! Verticale? È come vedere un albero con le luci piangenti, un pino in prigione. Tra me e me pensavo "meglio una spirale di luci che viaggiano verso l'alto" ma qualcun altro penserà sicuramente di vedere le luci verso il basso, quindi per non sbagliare è meglio metterle a caso. Sì, così nessuno ha torto dicevamo, è sempre meglio lasciare al caso. Ricordo che quella seduta che apparentemente poteva sembrare banale è durata due ore esatte, anzi, lo ricordo bene e per la precisione due ore e due minuti. Lo so perché mi segno tutti gli orari e qualche volta me li gioco addirittura al Lotto, anche se la sorte non mi ha mai trovato, non ho mai trovato eccitazione nel gioco e forse per questo non ho mai vinto niente! E mai vincerò perché è evidente a tutti gli scettici che la fortuna premia chi non se lo aspetta e a dire il vero non posso negarlo, scettico o no, presuntuosamente ogni volta che gioco me lo aspetto, credo di vincere, credo che sia il mio momento, la mia giornata fortunata, la volta buona. M'immagino con il biglietto vincente tra il pollice e l'indice di una mano destra scalfita dai calli della grafia. Dita affusolate, lunghe e strette, unghie corte e ben curate ma le falangi rugose e ricurve testimoniano che oggi siamo nel 2009. Il tempo passa pagina dopo pagina e testimonia che ho trentanove anni, che vivo nella Torre comunale e dopo tutto non sono così sfortunato: a proposito di vincita! Non posso negare che sei anni fa un po' di fortuna l'ho avuta.

Prologo

Abitare nelle campagne romagnole a due passi dal mare non è da tutti, il 2000 è arrivato e tra le inutili imprudenze non è cambiato proprio nulla, nessun millenium bug o mille non più mille, è tutto come prima, come se non fosse mai accaduto, come si fa a credere a tali sciocchezze, assurde visioni prive di fondamento. La realtà esiste e questo è inconfutabile, la fantasia che saluta l'irreale, no. Non c'è e non si tocca, è solo una proiezione del sogno. Non riesco minimamente a immaginare la vita in città, m'inquieta solo il pensiero, si va bene posso capire che è sicuramente piena di stimoli, luci, bar e musica ad ogni ora. Semafori e auto riscaldate che ti portano in giro, ristoranti e negozi con solo l'imbarazzo della scelta, argentino, cinese, tradizionale e pugliese ma quella fragranza di monossido, smog e fumi metallici che ti s'incollano sulla pelle sono la negazione del vivere. Profumo di catrame e mancanza dell'orizzonte. Il respiro di tutta quella gente, l'odore di muffa dei graffiti e polvere di rame metropolitana che si attacca alle dita. Equazioni, variabili e incognite. No, non fa per me, non ho voglia di quell'ansia depressiva, di seguire la moda ipertrofica che non ti lascia respirare; petto in fuori, pancia dentro e culo alto dicono le mie amiche, ma chi se ne frega tra i campi mi vesto come voglio: mi piace il cappotto con sotto il pigiama e anfibi, ha il suo fascino! Da infinite generazioni la mia famiglia si tramanda il vecchio casolare, anche se ormai chiamarlo così è davvero ingrato: di originale è rimasto ben poco eppure una volta era un modesto ma genuino fienile. È fatto di sassi di fiume, un mega portico sul davanti e una settantina di ettari di terreno coltivato intorno. In effetti con tutti i lavori che gli abbiamo fatto non è più tanto modesto, la parola più usata degli ultimi anni è stata: ristrutturazione. Ci si fa il callo ad avere un cantiere dietro l'altro, conosco tutti i muratori della provincia, c'è sempre qualcuno che gira intorno a casa, molti sono stranieri e non parlano correttamente l'italiano, solo una zona è off-limit per tutti, tra la stalla e il confine, lì c'è l'orgoglio di papà: il piccolo vigneto. A terra ci saranno almeno dieci centimetri di corteccia, l'odore di foresta umida attira la curiosità dei sensi. Quando ci passo davanti mi sento il profumo del muschio sulla pelle, è quasi un tonico nei polmoni, respiro più aria che posso e mi sento viva. Per arrivare alla porta di casa bisogna percorrere uno stradello sterrato delineato dal canale a destra e dal fosso a sinistra. È meglio non sbagliarsi e fare attenzione. Una volta abbiamo dovuto recuperare anche il sindaco con il trattore, si era infossato dopo essere stato nostro ospite al pranzo di Natale. Lo speciale sangiovese invecchiato nelle botti di rovere di mio padre è unico, però bisogna stare attenti e saperlo bere con cura: non tutti reggono i suoi 15 gradi alcolici. I giornali sarebbero andati ghiotti della notizia ma di noi si può fidare. Questo quadretto primordiale si trova nella borgata di Sant'Andrea a Villa Inferno, una piccola frazione in provincia di Ravenna. Romagna terra di promesse e speranze. Ovviamente quando dico dove abito le battute si sprecano ma ormai ci sono abituata, anzi ne faccio argomento di discussione e comunque c'è di peggio, c'è chi riesce ad infrangere ogni regola di gioco: che dire infatti della nostra vicina? Lei batte ogni record. Si chiama Teresa Tomba di Villa Inferno. Ogni commento è decisamente superfluo. Un vortice di rose violacee accosta il sentiero che porta dritto a casa sua, Via Altolà 2. Ci vorrebbe il numero civico 666 ma la cosa è impossibile, in questa strada siamo in tre. Il paese farà circa 600 abitanti, anzi secondo me anche meno: oggi le campane suonano a morto, due singoli

rintocchi a distesa, se ne deve essere partito qualcuno. Mah chissà magari è andato a stare meglio! Forse è uno di fuori, uno di quelli che usano la casa solo d'estate perché bene o male qui ci si conosce tutti e nessuno mi ha detto niente. Le saline romagnole sono note a tutti ma negli ultimi anni Villa Inferno è diventata famosa per l'inutile base Nato e i suoi aerei che ogni tanto cadono, il museo dei burattini e per la chiesa recentemente riaffrescata. È venuto persino il Cardinale, quello famoso: il Cardinal Ersilio Tonini. Con tutti quegli anelli d'oro tra le pieghe delle rughe, avrebbe potuto tranquillamente prendere il posto di una marionetta. Piccolo e gracile, ma con una voce autorevole e sapiente. Parole che tuonavano nella fede. Voci maligne dissero che forse il Cardinale si sarebbe trovato più a suo agio nel museo. E come dargli torto! Comunque pettegolezzi a parte torniamo a noi, il paese se pur piccolo ha anche il suo agriturismo, è gestito dal padre di Moris, ci conosciamo da una vita, frequentavamo lo stesso asilo, una volta siamo stati anche insieme, il primo bacio è stato suo! E chi se lo scorda, sapeva di Big Bubble alla fragola. Si dice che suo papà non sia tutto a posto: fa da mangiare solo quando ne ha voglia, negli altri giorni si devono arrangiare i camerieri e il risultato è quello che è! Tremendo, eppure c'è sempre pieno, si vede dalle macchine parcheggiate, a volte sconfinano e vanno nei nostri campi. L'ultima volta che sono stata lì a cena per sbaglio mi hanno portato il secondo prima del primo. Quando gliel'ho detto il cuoco mi ha risposto: «Tanto sempre lì deve andare, e da un'altra parte devi uscire, magna che te ridi!» con una voce talmente roca da sembrare afona, mi sa che da piccolo si è mangiato un frullato di carta vetrata. Quell'uomo mi fa paura, si è sposato tre volte, la prima è morta e la seconda è scappata. L'ultima è molto giovane, viene dalla Romania e non ha ancora un italiano comprensibile... spiaccica solo una parola ogni tanto, però è simpatica e se non fosse per tutto quel trucco modello anni '80 sarebbe anche una bella donna.

Prologo

Si dice che fare quattro passi di notte nelle vie di Milano sia il vero toccasana per corpo e mente, si dice che sia un ottimo tonificante nervoso, si dice anche che i lampioni riflettano sull'asfalto umido le visioni degli zombi vaganti in cerca dell'anima perduta.

Si dice che il rumore dei passi che tuonano nel buio siano l'auspicio del domani, si dice che le notti milanesi siano l'altra faccia dell'uomo. Ho sempre pensato che tutti noi siamo complici del futuro destinatoci, ragione per la quale mai e poi mai aprire la porta alle tenebre.

Sono i particolari a fare la differenza, osservo ogni minima situazione e vado in caccia dell'errore, amo l'incongruenza e la cerco ovunque con didattica autistica.

Il Bar Luce apre alle 07.15 e la domenica è chiuso, Il tabacchino di via Verdi alle 8.0 precise, quello di via Piave sgarra di qualche minuto la chiusura: abbassa la serranda intorno alle 20.10. La macelleria del portico in Piazza Libertà lavora solo il pomeriggio, beati loro. Il giornalaio della notte è lo stesso della mattina, non esce mai e si fa portare nello "sgabiozzo" un'insalata dalla figlia al ritorno dall'università: per la cronaca niente male!

Ogni essere vive d'illusione, ogni uomo rincorre la precisione senza poterla cavalcare. Io no! Sotto la luce del giorno seguo il puro istinto calcolatore, nulla va lasciato al caso mai dare il jolly all'imprevisto. Nell'oscurità invece vivo il lato opposto del tempo, ogni santa notte l'azione del gruppo mi concede una speciale forza superiore, è come avere il dono della luccicanza; sono il leader, sono il capo dei "City" la prima gang della città, sette stronzi in cerca di gloria. Duri, leali, sgangherati e apparentemente rispettati. Ci illudiamo d'esserlo, è necessario esserlo!

Solo chi cade salendo non rotola all'inferno. Il nostro campo di battaglia sono i bancomat, le carte di credito, riciclo di moneta sporca e software esca. Si lavora anche in confische pilotate, aste, phishing, malware, furto d'identità, bruteurs, lotterie insomma ogni cosa che ne valga la pena e porti profitto. Hackeriamo l'impossibile, siamo il meglio che c'è sulla piazza, abbiamo una clientela eterogenea e mondiale: senza confini, accettiamo contanti o transazioni fiscali protette. Ogni gruppo ha il suo "credo", tutti vogliono qualcosa, chi lo fa per soldi, chi per gloria, chi per noia o chi perché non sa fare altro, noi? Bè, noi cambieremo il mondo, noi scriveremo le nuove regole del vangelo! Per ovvi motivi non posso rispettare il sistema bancario ma lo capisco, ogni famiglia deve preoccuparsi dei propri interessi.

Non mi definisco ricco ma di sicuro non sto male, non stiamo male si un "diecino" al mese a testa ce lo portiamo a casa.

Ogni città, ogni paese ha la sua terra nascosta e tra le polveri nel fango crescono come funghi piccole bande degne del massimo rispetto, a volte è necessario rincorrere a compromessi e per l'appunto causa ragioni di reciproca convenienza ho deciso di affiliarci ai "Latino", loro lavorano di spaccio: droga varia, metanfetamine, Ice, acidi e armi di ogni tipo, basta pagare! Ogni cosa ha un prezzo! Ai cinesi invece passiamo 5.000 al mese e siamo tranquilli, non ci tengo a farmi troppe domande etiche, religiose e opportunistiche: se c'è mercato vuol dire che c'è richiesta. Io e i miei ragazzi non facciamo estorsioni ma rispondiamo semplicemente alla domanda/offerta. Niente di più, niente di meno! I clienti? Bè: in fondo, molto in fondo, anche loro hanno una funzione sociale, sono tanti stupidi e poco interessati alle sfumature luminose della vita. Poveri esseri senza futuro, sono morti e non lo sanno.

PROLOGO

Mi chiamo Erick, ho sedici anni e frequento la terza superiore. Sono di origine Montenegrina, i miei primi anni di vita li ho consumati a Luzani, un piccolo paese tra i piedi della grande montagna e il fiume Zeta nella provincia di Podgorica, però ad essere onesti non ricordo praticamente più nulla di quella terra, sono anni lontani, ho solo piccoli frammenti solitari e sconnessi. Strade anonime e piazze lontane. Non so cos'è la famiglia, so che la vorrei, so che l'avrei voluta e so che un giorno l'avrò certamente, o per lo meno questo è quello che mi ripetono con costanza ritmica gli assistenti sociali. I miei nonni sono morti durante la guerra nei Balcani, ho avuto la fortuna di conoscerli ma purtroppo solo vaghe tracce mi sono rimaste nella mente, proprio come una foto grigiastra e scolorita che li ritrae. I miei genitori non saprei definirli: apatia, ubbidienza e paura sembrano a noi sentimenti normali, io e i miei fratelli siamo stati usati, trascinati e abbandonati eppure non provo remore particolari, se dovessi descrivere il rapporto con un'immagine... beh: un foglio bianco con un punto in basso a destra. Avevo 4 anni quando sono arrivato in Italia, era il 2005, è passato molto tempo e della lingua montenegrina non parlo praticamente più nulla ma in compenso ho imparato un buon italiano, so articolare discretamente una frase e non mi sbaglio con i congiuntivi. Mi piace leggere, mi calma! Una frase ben fatta è più energetica della vitamina C, un capitolo è l'aspirina e l'intera opera è la cura. In questo modo quando sento quelle catene invisibili addosso e ho la sensazione di scoppiare mi rifugio dietro un libro. Nella sua ortografia, nei suoi racconti e immagino di volare. Non mi piacciono i professori con la nota facile... Non conosco il confine tra il bene e il male... Non capisco l'abbraccio, ma mi piacerebbe provarlo. Non so cantare, ma so parlare, ascolto e non posso scappare. Non ho paura del buio. Vorrei una casa pulita e una ragazza da baciare. La banalità di una storia non è la vita ma è la storia stessa, in queste pagine vi racconterò il mio tempo passato e futuro passando dal presente, la racconterò in prima persona, si perché io sono Erick.

Solo io posso dirlo.

ORDINA LA TUA COPIA

Inviaci i tuoi dati e ti contatterò il prima possibile.

Germano Bianconi - Modena
2022
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia